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Il martedi' di Pasqua a Dasa' - lunedì 31 marzo 2003 at 14:56

Il paese di Dasà è uno dei tanti centri agricoli delle Serre calabresi. Situato sulla sponda sinistra del torrente Petriano, è riportato per la prima volta in un documento aragonese del 1466 ( 1).
Nell’abitato, disposto con l’asse longitudinale in direzione ovest-est, sorge isolata la chiesa di Santa Marìa della Consolazione. Si legge sopra una lapide marmorea, e se ne ha conferma dal sinodo della diocesi di Mileto celebrato nel 1692 dal vescovo Ottavio Paravicino, che la chiesa fu consacrata la quarta domenica di agosto dell’anno 1483 ( 2).
Ristrutturata ed ampliata nel corso dei secoli, presenta i lineamenti ottocenteschi delle decorazioni ad opera di artisti di Serra San Bruno e di maestranze di Pizzo Calabro.
Parrocchiale interina dai primi anni del ‘700 fino al 5 dicembre 1775, mentre era in ricostruzione la parrocchiale sotto il titolo di San Nicola vescovo, è il centro della devozione mariana del territorio.
Nella chiesa si celebrano le messe all’aurora della novena in preparazione della solennità del Natale del Signore, e la messa che nel passato si diceva cantata nel giorno festivo dell’Assunta ( 3).
La prima notizia della celebrazione della festa il martedì di Pasqua, detto anche martedì di Galilèa, si riscontra in un istrumento del 26 novembre 1711. Il notaio Domenico Stramandìnoli (Dasà, 1676?-29/05/1722) lasciò un orto onde con le rendite fosse celebrata per ogni anno in futurum, et in perpetuum una Messa cantata, e proprio nel Martedì di Pasqua di Resurrettione ( 4).
Il giorno di martedì di Pasqua del 1758, che quell’anno ricorreva il 28 di marzo, il dr Francesco Parandelli donò per sua devozione alla sud(ett)a Vergine SS.ma della Consolazione un tronetto processionale di legno dorato , detto vara nella forma dialettale ( 5).
La tradizione dura ancora ai nostri giorni. La statua lignea della Madonna della Consolazione, che si vorrebbe quattrocentesca e di area mediterranea, vestita col manto nero viene posta sotto il baldacchino (si dice u paratu, forma dialettale di apparato) appositamente allestito. Nel pomeriggio di lunedì, intorno alle ore 15, i fuochi d’artificio annunciano ai vicini ed ai lontani che la Madre è in attesa della visita dei figli devoti. Per voto, alcuni partecipano alla veglia che fino ad alcuni anni addietro si concludeva alle prime luci dell’alba con la celebrazione della messa.
Sul sagrato della chiesa, lo stesso giorno di martedì il parroco ed i sacerdoti nativi del paese, che per l’occasione rientrano dalle proprie sedi di ministero, concelebrano una messa solenne. L’omelìa è pronunciata dal predicatore che illustra il mistero della Resurrezione di Cristo.
Nella località l’arcu sul mezzogiorno si svolge la tradizionale affrontata, detta ‘ncrinata nel dialetto del paese, rievocante l’incontro in Galilea tra la Madre ed il Figlio risorto.
Presenti il popolo e le confraternite in divisa, mozzetta azzurra dell’Immacolata, e rossa del Rosario, l’evangelista San Giovanni si reca ad annunziare alla Madonna la resurrezione del Figlio, ed insieme ritornano verso di Lui che va loro incontro. Il manto nero della Madonna viene tirato, e rimane quello azzurro che si confonde col cielo, mentre le note festose della musica e lo scoppio dei fuochi d’artificio infondono negli animi la gioia an-nunciata dal Risorto.
L’anno 1998 la chiesa è stata arricchita da un’artistica porta di bronzo. Incorniciata dall’ottocentesco portale granitico, la porta di 1,90 per 3,80 metri è divisa in due ante delle quali il rivestimento esterno rappresenta un episodio accaduto a Dasà a metà del ‘600.
L’anno 1656 in tutto il reame di Napoli, nel quale la Calabria era compresa, infuriò una terribile pestilenza che mietè vittime anche illustri. I dasaesi si rivolsero alla loro protettrice, impetrando di essere preservati da tanta calamità. Si tramandò che la Madonna della Consolazione accolse l’appello angosciato dei suoi figli devoti, riconoscendo in Lei la donna vista con le palme rivolte verso il vicino paese di Arena in atto di trattenere la peste lontana da Dasà.
Quel momento di dolore e di fede è stato interpretato nel bassorilievo di bronzo dal maestro Luigi Maida, affermato artista che nel 1981 aveva restaurato la statua lignea della titolare della chiesa.
Nel pomeriggio di sabato 26 febbraio i fedeli, reggendo in mano le candeline accese, si sono recati processionalmente dalla chiesa parrocchiale alla filiale della Consolazione.
Non essendo potuto intervenire il vescovo mons. Domenico Tarcisio Cortese, il rito della benedizione della porta bronzea è stato officiato dal parroco don Salvatore Santaguida con l’assistenza del diacono Antonio Tripodi.
Terminata la liturgia sul sagrato, seguiti dal popolo esultante i ministri sono entrati nella chiesa dove è stata celebrata la messa.

n o t e
1) E. PONTIERI, La Calabria a metà del secolo XV e le rivolte di Antonio Centelles, Napoli 1963, p. 295.
2) O. PARAVICINO, Synodus Dioecesana Miletensis Seconda 1693, p.
3) ASD M, Libro delle rendite ed esiti annuali della Chiesa della Consolazione della Terra di Dasà, anni
1758-’84.
4) AS VV, not. D. Ciancio, istr. 26/11/1711; A. TRIPODI, La Madonna…, p. 25.
5) AS VV, not. P. Corrado, istr. 28/03/1758; A. TRIPODI, LaMadonna …, p. 25.

Antonio Tripodi


Fonte: Sacrocuoreonline

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