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No al TFR gestito dai fondi pensione privati - mercoledì 27 giugno 2007 at 20:28

COMUNICATO STAMPA DI MARCO PRESTININZI
sul TFR gestito dai fondi pensione privati.

La massiccia campagna pubblicitaria televisiva in favore della succitata modalità di previdenza integrativa, promossa dal governo dalle banche e dalle assicurazioni, non sembra fortunatamente aver sortito l’effetto sperato dagli sponsor della “Pensione fai da te”.

Gli italiani non stanno aderendo in massa e sentono puzza di bruciato.

A causa del processo di riforma del sistema pensionistico italiano, varato nei primi anni novanta, i lavoratori assunti dopo il 1° gennaio 1996 o con pochi anni di servizio a quella data, percepiranno una pensione, erogata da Inps, Inpdap, Casse professionali ecc., notevolmente inferiore al loro ultimo stipendio.

“Per attenuare tali effetti”, così recita candidamente la nota informativa del sito www.tfr.gov.it, “La riforma ha previsto la possibilità di aderire alle forme pensionistiche complementari al fine di assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale”.

E’ necessario sottolineare come il succitato termine “assicurare” sia del tutto inesatto, dato che nelle schede informative per la promozione dei fondi negoziali è riportato che “in nessun caso l’associato ha la garanzia di ottenere, al momento dell’erogazione delle prestazioni, la restituzione integrale dei contributi versati ovvero un rendimento finale rispondente alle aspettative” e che “non esistono garanzie sul ripetersi in futuro delle performance realizzate negli anni precedenti né sul rendimento finale che sarà possibile ottenere al momento del pensionamento”.

Le somme accantonate per il trattamento di fine rapporto (TFR) devono invece essere rivalutate annualmente del 1,5% a cui va aggiunto il 75% dell’inflazione. Se ad esempio quest’ultima risultasse del 2%, la rivalutazione annuale del TFR sarebbe del 3%. Se l’inflazione registrata fosse del 5% il trattamento si rivaluterebbe del 5,25%.
Se rinunciamo al TFR in favore dei fondi abbandoniamo regole scritte per avventurarci nell’aleatorio mercato borsistico, condizionato dalla fortuna, senza possibilità di tornare sulle nostre decisioni.

E’ infatti vietata per legge la libertà di cambiare idea se si opta per la pensione integrativa rinunciando al TFR.
I dipendenti del settore privato hanno tempo fino al 30 giugno 2007 per decidere se lasciare in azienda il proprio TFR o se consegnarlo nelle mani dei gestori dei fondi pensione privati.

In caso di mancata scelta scatterà la trappola, prevista dalla legge (sic!), del silenzio assenso, il loro salario differito (TFR) sarà automaticamente dirottato verso i fondi.

In attesa di tempi migliori, appare quindi salutare che i lavoratori dipendenti esprimano chiaramente, per iscritto, la propria volontà di lasciare il TFR presso il proprio datore di lavoro, privato o pubblico che sia perché, come afferma Milena Gabbanelli nella puntata di Report del 21/5/2006 (Rai 3 – testo e video integrali su www.report.rai.it) – “Siamo invitati ad investire nei fondi perché ci dicono che renderanno di più del tfr. E poi chi vende fondi dice che non può garantire lo stesso miserabile rendimento perché costerebbe troppo. A Milano direbbero: mutande di ghisa! Siccome non stiamo parlando di investimenti speculativi, un paese con un livello di civiltà degno di questo nome, che ha 1000 parlamentari a busta paga dovrebbe essere in grado di dire ad un lavoratore con quanto andrà in pensione, e non “dipende dall’andamento di mercato”.

Nulla vieta ai lavoratori di prendere tempo e decidere con calma, tra uno o due anni, come assicurarsi una pensione complementare, confrontando tutti i punti di vista.


Marco Prestininzi

Consigliere comunale di Viterbo del PRC

iscritto ai COBAS, Comitati di Base della Scuola.



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