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La vera ambiguità è nella politica. Ma ... - lunedì 13 febbraio 2006 at 15:36

La vera ambiguità è nella politica. Ma io non mi arrendo
di Vladimir Luxuria

Roma . Tante volte mi sono sentita etichettare come “persona sessualmente ambigua”, nonostante io sul mio orientamento sessuale abbia le idee molto chiare. Ho scoperto invece che l’ambiguità dimora altrove: nella politica. L’Unione ha varato il suo programma e, così come ha dichiarato Prodi, solo una piccola parte, tra le tante pagine, ha suscitato qualche discussione più accesa. Per evitare eufemismi diciamo pure che durante la riunione sui “Pacs” Bertinotti ha perso la sua calma serafica e ha dato prova di urla da tenore, Rutelli era come Ambra collegata a Boncompagni ai tempi di “Non è la Rai” e non è difficile immaginare da chi prendeva le direttive, Bonino è andata via sbattendo la porta. Noi siamo solo una piccola parte di un folto programma secondo Prodi ma capaci di scoprire le carte che si sono giocate su quel tavolo: Rutelli ha fatto di tutto per far fallire le unioni civili, un muro ideologico vaticano-dipendente per escludere del tutto dal programma ogni riferimento al tema in discussione. A questo punto c’erano solo due possibilità: far fallire il programma e regalare questo Paese a cinque anni di governo di centro-destra o cercare di ottenere quanto più possibile. Il risultato è stata una formulazione che ha fatto infuriare tutto il movimento glbt, Arcigay e Arcilesbica in testa. Anche il mondo dell’editoria è deluso e arrabbiato: Giovanni Dall’Orto di “Pride” dichiara che «le candidature non hanno più un ruolo di portavoce ma di un bruciante tappo di un vulcano». Il punto che ci ha delusi è stato il mancato riconoscimento giuridico dei gay, lesbiche e trans come relazioni, coppia, persone capaci di fare tessuto sociale; si riconoscono (come voleva la Margherita) solo i diritti delle singole persone: come dire «come individui gay possiamo garantirvi ma non in quanto potenzialità di nucleo familiare». L’ambiguità nasce invece dal fatto che per la prima volta in un programma viene definita l’unione civile: «al fine di definire natura e qualità di una unione di fatto non è dirimente il genere dei conviventi né l’orientamento sessuale; va considerato piuttosto quale criterio qualificante il sistema di relazioni (sentimentali, assistenziali, e di solidarietà, di mutualità e di reciprocità) la loro stabilità e volontarietà». La vera ambiguità è che da una parte non ci si vuole discriminare in quanto singole persone (e destinate a una solitudine triste ma garantita dallo Stato) dall’altra si dice che in una unione non è “dirimente” (termine preso dal diritto canonico che vuol dire “non è motivo che proibisca o infirmi la volontà di matrimonio”) né il genere né l’orientamento sessuale. Inserire “orientamento sessuale” è stata una conquista non da poco conto, vuol dire che oltre al genere, quello anagrafico secondo uno schema binario uomo-donna c’è anche l’orientamento, si includono quelle varianti che non sono mai eccedenze, ovvero l’omofilia e il transgenderismo. Con Titti De Simone abbiamo a lungo ragionato su quanto sia successo, insieme abbiamo firmato una dichiarazione: «La chiusura e l’arroccamento di un parte del centrosinistra sul tema delle coppie di fatto è un atto di grave responsabilità politica che ha pesantemente condizionato il raggiungimento di una mediazione di reale sintonia con il popolo dell’Unione e la società civile. Hanno prevalso culturalmente e simbolicamente il tradizionalismo cattolico, l’ideologia, gli steccati elettoralistici agitati da più parti. La formulazione del programma non fa riferimento alle unioni civili e appare così ambigua da lasciare il campo a diverse soluzioni legislative, non escludendo in questo senso nemmeno i Pacs. Sarà necessario ancora batterci e mobilitarci fortemente, rimanendo legati alle associazioni glbt, affinché l’Unione non deluda questa domanda di civiltà». Sono sicuramente delusa e anche triste, ma non mollo, né intendo perdere grinta e determinazione; spero solo di non essere lasciata sola dai movimenti in un momento difficile dove la strada è più in salita e il punto di partenza arretrato. C’è chi si turava il naso una volta, oggi c’è da aprire gli occhi e ricordare cosa c’è dall’altra parte: il centro-destra che abbiamo conosciuto in questi cinque anni che non solo non ci avrebbe mai concesso quel poco che c’è nel programma ma che con l’arricchimento culturale dell’apporto di Forza Nuova costituisce una minaccia per la nostra vivibilità.
13 febbraio 2006





Fonte: Liberazione Online




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