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Non si tratta di un parco chiuso - sabato 29 gennaio 2005 at 10:34

Berlino. Caro Dasà, ti scrivo per dirti che qualche speranza per gli alberi di Brazzara c’è.
In Puglia, infatti, hanno aperto lo scorso anno il primo parco degli ulivi secolari. Si trova nel leccese ed è stato realizzato con il sostegno del WWF. Non ne so molto a riguardo ed ho pensato di chieder notizie agli stessi che lo hanno promosso. Non si tratta di un parco chiuso ma si inserisce in una serie di attività culturali di gruppi impegnati sul posto e con le comunità locali (LUA di Firenze, STALKER di Roma e Otranto). Spero si facciano presto vivi su questo forum per dirci come è andata, come funziona il parco e come esso si mantiene.
Sono convinto tuttavia che un parco da solo non basti a se stesso, e che vada inserito in una serie di iniziative di cui sia una delle esperienze proposte, come anche che esso abbia bisogno del sostegno pieno dei dasaesi, residenti e non, e che vi vedano non un pretesto di conservazione ma piuttosto un modo di crescita e di rilancio.
Il parco potrebbe certo diventare un laboratorio di ricerca per la bio-diversità delle specie autoctone, come un luogo di studio e messa in pratica della coltivazione dell’ulivo calabrese. La finalità sarebbe di non perdere il patrimonio di tradizioni e di gusti acquisiti e perfezionarne la coltura e la produzione senza doverne stravolgerne, come avviene, forme degli alberi e relativo paesaggio naturale che, ai miei occhi un po’ stranieri, è bellezza più che ricordo. Si potrebbe aprire allora alle scuole per la sua vocazione didattica, e all’università per la ricerca botanica,, anzi essi dovrebbero partecipare direttamente alla sua gestione. Sarebbe il centro di conservazione e di sviluppo di una cultura agricola e alimentare che ha oggi bisogno di sostegno ma a cui non mancano tutte le ragioni di rivalutarsi.
Se il fine è conservare, studiare e migliorare le colture locali, i mezzi sono tutti nella partecipazione al progetto. E non si tratta di affidarsi a un WWF o a Lega Ambiente o a un’ente amministrativo che fornisca semplicemente fondi e appoggio. Bisognerebbe fare di modo che il parco sia già da prima una realtà, un’esigenza, una cosa pubblica.
Io non posso immaginare un parco senza sperimentazione. La facoltà di botanica dell’università dovrebbe avervi un ruolo e bisognerebbe anche legare tale luogo con le altre esperienze che intorno al Mediterraneo perseguono gli stessi fini. Ne esistano già in Spagna e in Francia e la recente esperienza del parco pugliese sarebbe pure molto utile. Far comunicare queste esperienze può solo rafforzarle e contribuisce a ridurre il nostro vero scoglio che è l’isolamento.
Sarebbe poi necessario e bello che fosse il parco a focalizzare un accordo che finora è sempre ed incredibilmente mancato tra i produttori della zona al ripetersi della voce che qui si possa solo andare peggio e non rimanga che aspettare una risalita del prezzo dell’olio o un’annata più buona. La cooperazione dei produttori intorno al parco ne renderebbe reale e ne perfezionerebbe la ricerca e sarebbe il vero primo passo per l’auto-riconoscimento dei propri valori e per la successiva loro messa sul mercato.
So bene che per l’olio non è cosa facile e che senza promozioni del prodotto locale e restrizioni alle importazioni adottate a livello nazionale, o almeno regionale, non si può fare molto, ma questo è un movimento che bisognerà pure iniziare prima o poi, no?
Qualità del paesaggio, cooperazione, miglioramento delle colture tipiche e riconoscibilità del marchio e della zona di provenienza sul mercato sono modi integrati di sviluppo delle aree agricole già positivamente attuati. Ci rimane da portar gente dalle nostre parti che s’innamori dei luoghi e ne apprezzi i sapori e ne faccia pubblicità in giro. E questo, nella mia immaginazione e fino a che ci sarà l’attrattiva di Tropea e delle nostre coste, almeno d’estate, non mi sembra un sogno irrealizzabile.
Non mi dilungo, e saluto tutti con affetto,
Antonello Scopacasa
29 gennaio 2005 Berlino




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