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Pensioni più pesanti una riforma di sinistra - venerdì 13 febbraio 2004 at 11:20

Rifondazione indica la strada per far uscire il paese dalla crisi sociale e economica
Pensioni più pesanti una riforma di sinistra

Roma . Miglioramento del sistema previdenziale pubblico, aumento dei redditi e dei diritti del lavoro, riqualificazione dell'apparato produttivo. Rifondazione comunista indica qual è la strada da seguire per uscire dalla crisi sociale e economica in cui versa il paese dopo tre anni di governo Berlusconi. Lo fa in occasione di un'iniziativa pubblica sul tema delle pensioni, a Roma, alla quale hanno preso parte, oltre al segretario del Prc Fausto Bertinotti, Paolo Ferrero della segreteria nazionale, Franco Giordano, capogruppo alla Camera, Paolo Nerozzi, della segreteria nazionale Cgil, Pier Paolo Leonardi, coordinatore nazionale Cub, e l'economista Felice Roberto Pizzuti.
«Le politiche neoliberiste - attacca Bertinotti - stanno producendo risultati negativi. Le pensioni parlano di una intera condizione sociale e per questo rappresentano l'elemento che le opposizioni dovrebbero saper cogliere per elaborare una proposta alternativa di politica economica e sociale». Le aperture al governo sulla previdenza, giunte soprattutto dalla Margherita, vanno invece nella direzione opposta. «Quella di Rutelli - sottolinea polemico il segretario del Prc - è una proposta in coda a quella del governo».

Rifondazione rifiuta tuttavia il ruolo di forza politica che sa solo dire no e non sa affrontare i problemi del paese. «Pensiamo che sia una barzelletta», taglia corto Ferrero. Ed ecco la proposta concreta per «migliorare il sistema previdenziale pubblico»: assunzione di 10mila nuovi ispettori per contrastare una evasione contributiva, che «si aggira sui 35 miliardi di euro l'anno»; separazione definitiva tra previdenza e assistenza; pensioni minime aumentate 525 euro per tutti i 7 milioni di pensionati che ne hanno diritto, aumento di almeno 100 euro per tutte le pensioni inferiori a 2mila euro per recuperare l'inflazione; tetto alle pensioni d'oro fissato a 5160 euro al mese. Infine, per garantire ai giovani, anche con contratti precari, una pensione si propone che «dopo 6 mesi di lavoro venga assicurata automaticamente la copertura assicurativa per tutti i periodi di non lavoro», mentre dopo 12 mesi di disoccupazione dovrebbe essere garantito il diritto a un salario minimo di 525 euro.

Bertinotti non ha dubbi: la tesi che l'innalzamento dell'età pensionabile è la conseguenza inevitabile del prolungamento dell'attesa di vita «è totalmente infondata». Se è vero infatti che oggi chi lavora deve mantenere più pensionati rispetto al passato, è anche vero che in Italia si fanno meno figli. Parte delle risorse che lo Stato prima destinava ai più giovani (istruzione, sostegni alle famiglie) possono perciò essere dirottate a sostegno del reddito degli anziani senza che i conti pubblici ne soffrano.

Infondati sono anche gli allarmi dell'Ue: «I dati Eurostat relativi all'Italia - spiega l'economista Pizzuti - sommano Tfr, prepensionamenti e altre voci del welfare. Se si scorporano questi dati, si vede che la spesa per le pensioni italiana è sotto la media europea». Quanto alla famigerata "gobba" «può esserci o non esserci», a seconda del tasso di occupazione o dello sviluppo economico. «Al massimo - taglia corto Pizzuti - sarà di due punti tra 30 anni».

Invece, «aumentare l'età di pensionamento - nota ancora l'economista - significa meno opportunità di lavoro per i giovani e più difficoltà nel gestire le crisi aziendali».

Roberto Farneti
(13 febbraio 2004)


Fonte: Liberazione online

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