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I megaliti risalgono a 5 mila anni a.c. - domenica 9 marzo 2003 at 13:58
NARDODIPACE – La mano dell'uomo ha scolpito, trasportato, assemblato. È parso evidente ieri al professore Robert Winther, archeologo statunitense del Paleolitico e del Neolitico, davanti alle imponenti strutture megalitiche delle Serre vibonesi. Lo studioso, specializzato proprio nel Paleolitico e Neolitico europeo, ha effettuato un sopralluogo nei siti di Nardodipace. Una visita “guidata” dal prof. Alessandro Guerricchio, ordinario di Geologia all'Università della Calabria alla quale hanno partecipato due collaboratori di Winther: il prof. Bertolini – referente alla Libera Università italo-americana “Atheneum di Palermo” di cui l'archeologo è fondatore e rettore – ed il professore calabrese Domenico Raso, specializzato nei linguaggi della preistoria. Il gruppo di ricercatori ha visto sia la maestosa struttura di località “Palella” che quelle non meno imponenti di “Ladi”. In tutti i casi il prof. Winther ha rilevato segni della mano dell'uomo che ha forgiato singolari forme architettoniche che si ripetono da un sito all'altro.



Strutture che l'archeologo statunitense – il quale per tre Università americane sta compiendo studi sul Paleolitico e Neolitico in Calabria – fa risalire (confermando anche in questo caso la tesi del prof. Guerricchio) a 5 mila anni prima di Cristo e nelle quali ha individuato una remota orientazione astronomica. Più semplicemente ogni imponente opera di granito era orientata verso il solstizio d'estate «ma quello del quinto millennio a. C. – spiega Guerricchio – molto diverso dall'attuale». Ma lo straordinario è che sui blocchi di granito di Ladi, il prof. Winther ed i suoi collaboratori hanno visto e “letto”, nei segni che sembrano tracciati dal tempo e che, invece, per loro (che hanno quasi ultimato la decodificazione della prescrittura mediterranea pelagica e preistorica) dicono altro. Narrano dell'ultimo viaggio dei “signori” dell'enclave mediterranea pelagica e dicono: « Questa è la sepoltura di tutti i signori del mare portati qui in navigazione . E sempre a Ladi, ma nel terzo sito granitico, hanno individuato la segnalazione del luogo di residenza delle donne che sfuggivano ai predoni e si rifugiavano nella Città della porta , l'antica Piana di Giano e l'attuale Ciano, ovvero Nardodipace. «Da tempo sapevamo che La città della porta era Nardodipace – evidenzia con sicurezza il prof. Domenico Raso – . Lo avevamo letto nei testi che stiamo decodificando in cui si parla e ci sono chiari riferimenti a queste zone (è chiaro anche il riferimento a Mongiana, Monte della porta ) toccate dall'esodo dell'enclave pelagica durata tre millenni». Insomma più si va avanti e più le “Pietre” segnalate da Vincenzo Nadile riservano straordinarie sorprese. Relativamente alla loro conformazione il prof. Winther ha scartato possibili similitudini dei megaliti di Nardodipace con strutture tipo “dolmen” o tipo “triliti”. Lo studioso ritiene, infatti, che in questo caso si debba parlare di dome-shaped , termine inglese col quale si indicano strutture a forma sferoidale, di una grossa cupola. Il sopralluogo di ieri non ha toccato località “Paradiso” a Est del nuovo abitato di Nardodipace, dove sono stati rilevati e mappati i segni di un antico insediamento. Tra qualche mese, comunque, l'archeologo americano sarà di nuovo nel Vibonese per cui ne ha rimandato lo studio a quell'occasione. Nelle montagne del Vibonese l'avventura prosegue e con essa si alza l'attenzione del mondo scientifico. Nei giorni scorsi, infatti, sui luoghi ieri ripercorsi da Winther si sono incrociate le voci del prof. Emmanuel Anati, insigne archeologo e dello studioso Alberto Pozzi. Un'avventura che, però, ha bisogno d'essere adeguatamente sostenuta, soprattutto sul piano finanziario. In tale direzione ha concentrato i suoi sforzi il sindaco Antonio Demasi che, con la sua squadra, in particolare l'assessore Alfonso Carè, sta cercando di concretizzare il complesso programma di indagini messo a punto dal prof. Guerricchio e dai suoi collaboratori.
Marialucia Conistabile
(domenica 9 marzo 2003)

Fonte: Gazzetta del Sud online


Per vedere ed ascoltare, con windows media player, il convegno svoltosi a Nardodipace sul Tema complessita' mediterranea clicca qua: Incontro con Edgar Morin

Il 3 marzo, in Calabria, nella sala del Comune di Nardodipace (Vibo Valentia), si è svolto il primo dei "Dialoghi di Nardodipace", intitolato Complessità mediterranea.

Sono intervenuti Edgar Morin, filosofo e sociologo francese di fama mondiale; Luigi M. Lombardi Satriani, etno-antropologo, ordinario presso l'Università di Roma "La Sapienza" e autore di opere tradotte in numerosi paesi; Amnon Barzel, critico d'arte israeliano, tra i più autorevoli curatori internazionali di mostre, già direttore del Kunsthistorisches Museum di Berlino e primo curatore del Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato.

Personalità complessa, culturalmente mutante, Edgar Morin si è incamminato in percorsi di pensiero sempre difficili e innovativi, caratterizzati da una curiosità tipicamente mediterranea, generata da una tradizione millenaria di navigazioni che dell'arte del navigare ha lasciato in eredità strategie di conoscenza e di vita.

Edgar Morin è un ottimista, nell'uomo e nella sua capacità di rigenerazione. I "demoni" che agiscono come fattori di resistenza al cambiamento e al miglioramento, come l'esperienza passata, il giudizio pubblico, il contesto ambientale, la condizione economica, vanno controllati e guidati, le crisi sono occasioni di rinascita.
È questo il messaggio di speranza, il "pensiero per il sud" che l'intellettuale complesso della complessità ha portato in dono a Nardodipace, piccolo comune della Calabria, in cima all'Aspromonte, il più povero d'Italia per le statistiche ufficiali.

La presenza di Edgar Morin, intellettuale di fama mondiale, già registrato alla storia della cultura, ha significato la realizzazione di un'Utopia, il coronamento di tante piccole utopie che qui si stanno realizzando, in collaborazione tra amministratori, specialisti di diverse discipline, uomini di cultura, professionisti e cittadini. In tempi difficili come i nostri, di crisi e di guerre, tra culture, religioni, memorie e miti, nessun luogo avrebbe avuto più senso di Nardodipace per ridare significato e valore alle parole, al pensiero, alle complessità del nostro meridione mediterraneo.

Dal paese più povero, ma il più ricco di competenza utopica, un pensiero rigenerato è riecheggiato come lezione di civiltà. In un dialogo su demoni e dèi mediterranei, Morin ha proposto di "re-mitologizzare" il Mediterraneo attraverso il ricorso alla metafora della maternità, di un mare-madre, che genera e rigenera, contenitore di solidarietà e conflitti.
Parole preziose, per tanti che hanno bisogno di credere nella capacità "sciamanica" di autorinnovamento, ma anche per coloro che della parola civiltà abusano, svuotandola di senso. Il chiasso della civiltà, spesso, è un disturbo: la gente non ascolta, non si ascolta.

È questo senso autentico che Edgar Morin ha testimoniato, parlando alla gente tra la gente, con la gente.

A Nardodipace, in un pomeriggio, si sono dette parole che meritavano di essere udite e, nel silenzio montano, è stato più facile ascoltarle.

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