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Un'altra Europa riparte dai salari - giovedì 27 novembre 2003 at 11:06

Intervista al segretario di Rifondazione Fausto Bertinotti

Fausto Bertinotti non ha mai amato Maastricht, anzi l'ha avversata anche quanto essa pareva la linea vincente di tutto l'establishment politico ed economico della nuova Europa. Oggi, dopo le decisioni di Ecofin il quadro sembra di nuovo cambiato e in modo imprevedibile.

Allora possiamo dirlo? Maastricht è morta?

Possiamo dire: Maastricht è morta, abbasso Maastricht. Possiamo dire che è saltata per aria la politica di compatibilità economica e sociale imposta dalla classi dominanti europee per perseguire gli obiettivi di una politica liberista.


Sono in molti oggi a lamentarsi di questo fallimento. E non solo gli esponenti delle classi dominanti. Il problema del deficit e del debito pubblico sembrava un problema comune in Europa, oggettivo si potrebbe dire, al quale Maastricht pareva aver dato una soluzione.

E' vero, Maastricht è stata una camicia di forza imposta ai paesi europei con l'obiettivo di ridurre il debito pubblico e il deficit. Si voleva far apparire questa come una operazione oggettiva e necessaria. In realtà è stata operata una pressione sistematica per ridurre la spesa sociale e per seguire una politica di privatizzazione e di riduzione dei potere di contrattazione dei lavoratori.


Quali sono le ragioni di fondo del fallimento di Maastricht?

Il fallimento delle politiche liberiste e la crisi delle economie europee. In questi mesi è avvenuto un fatto nuovo: quei parametri di Maastricht che per un lungo periodo sono stati criticati soltanto da noi sulla base di un ragionamenti di giustizia sociale, sono diventati inaccettabili anche rispetto alla efficacia delle politiche economiche che avrebbero dovuto rispondere alla crisi. E infatti, sono proprio questi soggetti forti ad averle rimesse in discussione. Evidentemente non c'è bisogno di ricorrere né a Marx né a Keynes per capire che per combattere la recessione è necessario un intervento pubblico e una politica espansiva.


La posizione di Rifondazione comunista è stata sempre "eccentrica". Siamo stati contro Maastricht ben prima della rottura del patto di stabilità....

Si lo possiamo dire, noi avevamo visto giusto quando abbiamo preso una posizione che è sembrata davvero "eccentrica" e che invece oggi si rivela l'unica possibile. Avevamo detto: "si all'Euro, no a Maastricht". Pensavamo che fosse sbagliato usare Maastricht come una frusta nei confronti del lavoro e dello stato sociale per liberare - questa era la tesi dei suoi sostenitori - finalmente l'impresa e il mercato da tutti i lacci e laccioli. Oggi, nel momento in cui la crisi e la recessione ne hanno messo in luce la stupidità, essa si dimostra del tutto disastrosa ed intollerabile.


Stai dicendo che la nostra posizione è stata realista mentre gli altri sono stati dei reazionari utopici?

Si, i realisti siamo stati noi quando abbiamo prospettato ciò che appariva impossibile e impensabile. I fatti hanno la testa dura. Al contrario quella coltre ideologica di neoliberismo che teneva in vita Maastricht si è dissolta.


Insisto: non erano solo gli ultraliberisti a sostenere Maastricht...

Lo so bene. Quelle politiche liberiste erano la base concettuale di una economia bipartisan che è stata accettata sia dal centro destra che dal centro sinistra, in Italia e in Europa, in nome della governabilità. Era la governabilità il valore assoluto di quasi tutte le classi dirigenti europee, ora la governabilità è sotterrata dalla crisi.


Dobbiamo quindi vedere la decisione di Ecofin come un'autocritica di almeno una parte della classe dirigente?

Non solo. Quella coltre che sembrava così spessa, è stata lacerata da un conflitto sociale che si è manifestato in modo forte anche se non univoco in tutti i paesi europei. Accanto a questo sono venute alla luce esigenze forti da parte di paesi come la Francia e la Germania che hanno evidentemente un senso più alto dell'interesse nazionale. Questi interessi hanno preso il sopravvento sulla pretesa di rigore avanzata e sostenuta dalla tecnocrazia europea. Oggi il rigore si è rivelato per quello che è: il simulacro di una politica che non ha più alcuna possibilità di realizzarsi.


Le politiche liberiste appaiono in crisi in molti paesi e da molti punti di vista. Ma che cosa si può contrapporre concretamente ad esse?

Possiamo dire che Maastricht è come Cancun. Qui e lì abbiamo verificato che le politiche liberiste subiscono un blocco, e vanno in crisi. L'economia europea e le economie nazionali sono oggi attaccate dalle profonde contraddizioni di questa fase della globalizzazione capitalistica e dal quadro di precarietà e di incertezza che essa provoca. Di fronte ad essa si può dare una risposta o di destra o di sinistra, ma non si può rimanere fermi.


E quale può essere allora la nuova risposta di destra?

Quella che la Robinson chiama di keynesismo bastardo. Una risposta che pensa di rilanciare l'economia con le spese militari e con le grandi opere.


Le risposte di Bush e di Berlusconi...

Esattamente. La risposta che Bush sta tentando negli Stati Uniti e Berlusconi vorrebbe tentare in Italia. E però una risposta impotente anche se socialmente grave. Ma c'è una risposta di sinistra che oggi si può proporre. Quella che parla di una nuova politica espansiva della spesa e dell'intervento pubblico. Che chiede un aumento dei salari e delle pensioni come volano per un rilancio dell'economia. Oggi dare una risposta di sinistra alla crisi della globalizzazione e delle politiche liberiste significa andare oltre il keynesismo per costruire un nuovo modello di sviluppo basato sulla pace e sulle relazioni internazionali. In sostanza su un'altra Europa.
Ritanna Armeni
(27 novembre 2003)


Fonte: Liberazione online



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