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Il sostegno alla guerra, in Usa è stabile al 70% - martedì 8 aprile 2003 at 15:26
Il sostegno alla guerra in Usa è stabile al 70%, ma da questo fine settimana (secondo un sondaggio Usa Today/Cnn/Gallup) assistiamo alla crescita del tifo perché la guerra sia breve e vittoriosa (Rutelli non è solo).
Il 55% degli intervistati prevede la fine della guerra in tre mesi (rispetto al 38% della settimana scorsa) e il 79% è certo della vittoria (più 10% in sette giorni). Ma il dato più importante è che "due terzi degli americani crede che una volta preso il controllo di Baghdad i cittadini iracheni, ancora reticenti nell'accogliere bene le truppe della coalizione, le tratteranno amichevolmente". Anche il New York Times, ritiene che "operare all'interno di Baghdad rappresenti un importante beneficio psicologico", perché come si sarebbe visto nel Sud del paese, "numerosi iracheni si rifiutano di sfidare il governo senza avere la certezza che gli alleati sono determinati ad annientare il presidente iracheno". Un piccolo capolavoro di ribaltamento del senso della realtà, la propaganda alla fine funziona.

Il Washington Post si felicita nel suo editoriale per gli sviluppi della guerra: "presa dell'aeroporto di Baghdad, distruzione della maggior parte della guardia repubblicana, controllo delle infrastrutture petrolifere", così tanti obiettivi raggiunti in meno di venti giorni "e al prezzo di 75 vite americane". "Ma tutto dipenderà da quello che succede a Baghdad": la battaglia finale per tutti.

Così i giornali fanno a gara nell'immaginare la conclusione più rapida ed efficace, il Washington Post si spinge addirittura nel consigliare il generale Myers, reo di avere lasciato intendere una semplice strategia di isolamento del rais di Baghdad, "di uccidere, catturare o forzare la fuga di Saddam Hussein e dei dignitari del regime". Nel momento del sangue, dai film hollywoodiani all'uccisione del maiale, c'è sempre qualcuno che ne vuole di più finché non ne avrà avuto abbastanza. Ma si interroga anche su cosa succederà dopo la caduta del regime, in maniera più seria dell'auspicio dell'accoglienza festante ai "liberatori". "Prevarrà lo spirito di cooperazione apparso in alcune città o la resistenza tenace, in alcuni casi suicida, incontrata altrove? ". "Dipenderà dalle decisioni politiche" dell'amministrazione Usa e consiglia Bush di permettere partecipazione e ruolo importante dell'Onu.

E' il secondo tratto interessante della stampa Usa di questi giorni. Da un lato, il tifo perché la conquista di Baghdad, dall'altro, la preoccupazione (politica, strategica o semplicemente economica) che la ricostruzione senza Onu e gestitia completamente in proprio possa rivelarsi un errore. Il Los Angeles Times esplicitamente chiede "un'occupazione breve e pulita" delle forze americane. "Fornire acqua e medicinali alla popolazione e ricostituire un governo" sono "missioni che convengono meglio per esperienza e per reputazione all'Onu". Dall'altra parte della costa il Boston Globe, è dello stesso parere: "sarebbe meglio rinunciare a un controllo diretto in cambio della condivisione del peso dell'aiuto finanziario con la comunità internazionale". Anche l'editoriale del New York Times, va in questa direzione: "la pacificazione e la ricostruzione potrebbero necessitare la mobilitazione di decine di migliaia di riservisti" (incaricati soprattutto della logistica, della formazione del personale locale, ecc.), "ora più l'esercito utilizza i riservisti per periodi prolungati, più i problemi aumentano". Invece la visione di Bush e falchi è proprio questa: mantenere gli Usa in uno stato di guerra permanente per dieci o quindici anni (il presidente l'ha riaffermato chiaramente solo due giorni fa in una cerimonia militare). Quindi, la speranza che questa guerra finisca rapida e vittoriosa e che i ragazzi tornino a casa, non sono propriamente un tutt'uno.

Sarà per questo che il Los Angeles Times, chiede all'amministrazione Bush del dopoguerra: "maggiore chiarezza, ma anche maggiore umiltà. Bisogna dimostrare rispetto, per convincere il mondo che gli Usa mantengono le promesse dei loro ideali conclamati". Quelli di Bush jr. o quelli della Costituzione?

Claudio Jampaglia

Fonte: Liberazione online

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