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Bagdad, una strage nel mercato bombardato - sabato 29 marzo 2003 at 02:41
Decine di morti e feriti, macerie e sangue ovunque
Gli alleati: "Stiamo controllando le informazioni"
Bagdad, una strage
nel mercato bombardato
Fonti irachene parlano di 16 bambini rimasti uccisi
In serata nuovo allarme aereo sulla capitale

BAGDAD - Le immagini televisive rilanciano immagini di morti e feriti in mezzo alle macerie. Un bilancio ufficiale ancora non c'è ma, quello che è certo, è che il bombardamento avvenuto su un mercato popolare nella zona di al Nasr, nella parte occidentale di Baghdad, ha provocato una strage. Cinquantatre morti e cinquanta feriti secondo la rete televisiva Al Jazeera. Trenta morti e quarantasette feriti dice una fonte della sanità irachena. La Tv del Dubai Al-Arabiya, riferisce invece di 52 morti e mostra scene di feriti appena arrivati negli ospedali. Comunque un bilancio pesantissimo, fatto da civili. Tra i quali, almeno secondo quanto dicono fonti dell'ospedale al-Nur, il più vicino al luogo della tragedia, ci sarebbero 16 bambini e 8 donne.

Drammatiche le immagini mostrate da Al Jazeera, che ha filmato proprio nell'ospedale di al-Nur numerosi cadaveri. Si vede una folla, davanti all' ingresso dell'ospedale, che sulle braccia in alto si passava delle casse aperte con dentro corpi martoriati, trasportati fin lì dalle ambulanze. Intorno molte persone urlano con rabbia "Allah Akbar".

Dentro l'edificio molti corpi per terra, coperti con teli sporchi, imbrattati di sangue. Da un locale con delle celle frigorifere, escono delle barelle con sopra diversi cadaveri, tra cui almeno due di bambini. Ad uno di essi, un uomo chiude gli occhi davanti alla telecamera. Laconico il commento che arriva dal comando anglo-americano: "Stiamo controllando per avere informazioni, per ora non abbiamo niente da dire". Poi, nella notte, le sirene dell'allarme tornano a suonare su Bagdad. Dopo pochi minuti, altre bombe su diversi quartieri. Che provocano, tra l'altro, una nuova interruzione delle trasmissioni della tv satellitare irachena.
(29 marzo 2003)


Fonte: La Repubblica online

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