E così se n'è andato un chitarrista dal tocco leggero e delicato, dal suono dolce e pulito, un cantante dalla voce flebile, un artista le cui melodie facevano vibrare l'anima come una corda, un uomo dal cuore sensibile la cui vita, come quella di un acrobata della musica, era sospesa ad un filo. Faceva pensare a un altro grande della chitarra, scomparso nel febbraio dell'anno scorso, Paco de Lucia, le cui sonorità andaluse ogni volta che risuonano è come se richiamino dal passato lo spirito di tutte le popolazioni che hanno reso fertile quella terra arida. Così anche la musica di Pino Daniele, la quale è capace ogni volta di fondere insieme, in un'armonia magica fatta di blues, di saudade brasiliana e di malinconica melodia partenopea, l’anima universale del Sud. La sua voce fioca, però, ha una maggiore intensità di quella espressa dal pianoforte nell'Andante del Quarto Concerto di Beethoven, perché non è con la ragione e con il calcolo che essa cerca di spuntarla sul destino avverso, ma con l'amore, con quel sentimento profondo che Pino provava per la sua terra e che sapeva incomparabilmente trasmettere ed evocare in tutti quelli che vivono nello sradicamento, stranieri a se stessi.
(Franco Di Giorgi)
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